Praticare con gli amici
Molto spesso la pratica della consapevolezza e della meditazione in generale viene raffigurata e immaginata come una pratica solitaria. In parte lo è: quando ci si dedica alla meditazione giorno dopo giorno senz’altro prendiamo posto da soli. Eppure questa pratica è radicata, cresce e si fortifica solo quando viene condivisa con un gruppo di persone.
Nella tradizione buddista si narra che un giorno Ananda l’attendente del Buddha, gli chiese se l’amicizia non rappresentasse la metà del percorso spirituale. Il Buddha rispose che si sbagliava, non la metà ma tutto il sentiero altro non era che la coltivazione di un’amicizia saggia. Questa storia è fondamentale per comprendere come gli insegnamenti che provengono da questa tradizione si sviluppano attraverso il continuo confronto e dialogo con un gruppo. E sono tantissime i riferimenti che raccontano di come l’amicizia sia un elemento imprescindibile per avere una vita giusta .
Kalyana mitta in lingua pali può essere tradotto come “amico spirituale“. Kalyana significa “buono, vero, virtuoso, giusto o benefico” e mitta è la parola che indica la gentilezza. Un kalyana mitta non è un amico qualsiasi con cui uscire la sera a fare festa; piuttosto è qualcuno che ti aiuta a realizzare le tue aspirazioni, qualcuno che ci aiuta a reindirizzare il nostro perso verso qualcosa di giusto.
In effetti, se ci pensiamo, ci sono amicizie che sono in grado di influenzare la nostra vita, le nostre scelte, su cosa orientiamo la nostra attenzione.
Anche nell’amicizia nutriamo più o meno consapevolmente delle aspettative su quello che dovrebbe darci o su come dovrebbe farci sentire, quando non succede con ne facciamo?
La pandemia ha dato a molti di noi tutto il tempo per meditare sulle proprie amicizie. Il periodo di isolamento, di solitudine e il bisogno di connessione ci hanno portato a domandarci sulle persone che accompagnano la nostra vita.
Forse ci siamo interrogati anche su come siamo noi amici per altre persone e cioè cosa stiamo offrendo a quell’amicizia. Qualsiasi amicizia inizia infatti sempre da se stessi. In un altro sutta si leggono le 4 caratteristiche dei falsi amici e le 4 caratteristiche degli amici veri. Mi soffermerei solo queste ultime.
Il primo è l’amico disponibile che è in grado di proteggerci, si prende cura di te e delle tue cose anche quando sei in difficoltà, quando hai paura, quando hai un bisogno e ti dà il doppio di quanto ti serva.
Il secondo è l’amico leale che condivide la propria felicità e sofferenza, ti svela i suoi segreti e custodisce i tuoi, non ti abbandonano quando sei nei guai e sacrificherebbe anche la sua vita per il tuo bene.
Il terzo è l’amico saggio che indica ciò che è buono, che ti scoraggia dal fare cose cattive o dannose; ti incoraggia a fare cose buone. Potrebbe essere il tuo mentore, insegnante o qualsiasi amico illumini il tuo percorso.
Infine c’è l’amico empatico che non si rallegra della tua sventura, ma è felice della tua fortuna, interrompe chi parla male di te e apprezza chi riconosce le tue qualità.
Forse leggendo stiamo immaginando alcuni amici nella nostra vita esprimono la disponibilità, la lealtà, la saggezza, l’empatia.
Possiamo anche interrogarci quanto noi stessi incarniamo queste qualità.
Questa lista mi ha portato a domandarmi quali elementi apprezzo nell’amicizia e ne ho scelti tre.
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Sospendere il giudizio; restare aperta e sinceramente curiosa alle storie dell’altro. Più facile con un nuovo amico o con un perfetto sconosciuto, ma quanto pronti siamo a incontrare senza filtri le storie degli amici di sempre? Quanto curiosi siamo a conoscere la storia di una nuova avventura, di un cambio di vita senza aggiungere il nostro personalissimo parere? Siamo in grado di potere dire la nostra pur rispettando il cammino e le scelte dell’altro?
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Essere compassionevoli nelle parole e nei fatti, inteso come la capacità di essere vicini all’altro nei momenti di fragilità e difficoltà; ricordandoci che nell’amicizia vale sempre il proposito di trattare l’altro come vuole essere trattato e non come vogliamo essere trattati noi.
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Incarnare la gioia compartecipe, e cioè la capacità di gioire, di rallegrarci per le storie e i successi del nostro amico. Ricordarci che l’amicizia, proprio come la meditazione, non è la risposta ai momenti difficili ma qualcosa da coltivare nella gioia, anzi, che ci permette di riconoscere la gioia nostra e delle persone che amiamo.
E poi aggiungerei la presunzione di innocenza, e cioè anche quando nell’amicizia qualcosa non va come avremmo voluto, provare a assumere le buone intenzioni dell’altro. La mia lista potrebbe andare ancora avanti, ma devo stare attenta a non trasformarla in una lista di aspettative. Un’ultima nota però mi sento di farla, di recente mettevo ordine e ho ritrovato pile di lettere scambiate con amiche e amici negli anni. In alcune ci confrontavamo su temi così intimi e profondi come sembra oggi siamo in grado di fare. Mi domando se la possibilità che abbiamo di raggiungerci continuamente con un messaggio, una foto, un emoji ci abbia senz’altro permesso di non perderci di vista ma abbia anche limitato le nostre conversazioni. Allora l’augurio che faccio a tutti noi, è di non smettere di parlarci a lungo, di essere curiosi, aperti e gentili gli uni per la vita dell’altro.