“Come sei stato nei mesi del lockdown? Cosa sentivi? Cosa pensavi? Cosa ricordi?”
L’ho chiesto nell’ambio di un progetto di Medicina Narrativa, un metodo di lavoro e di ricerca basato sulla narrazione che viene usato in svariati ambiti, principalmente ma non esclusivamente in ambito sanitario. Attraverso le narrazioni è possibile sviluppare una maggiore consapevolezza di se stessi e riflettere sugli aspetti della propria esperienza.
Tanto la Medicina Narrativa che la Mindfulness mettono al centro il vissuto della persona.
Nella ricerca che ho portato avanti, volevo esplorare il vissuto durante il periodo del primo lockdown in persone che hanno frequentato il corso di mindfulness intensivo per la gestione dello stress. Volevo capire attraverso le narrazioni dei partecipanti, se le capacità sviluppate nel corso di gestione dello stress (MBSR) sono state utili per affrontare il difficile periodo del lockdown. Uno dei punti di forsa del corso MBSR è proprio la sua evidenza scientifica; eppure più importante è l’esperinza vissuta dei partecipanti. La ricerca vuole restituire al programma la sua validità attraverso la narrazioni, quindi resituire una dimensione experience based vs. evidence based.
La ricerca è stata condotta su un campione di 20 parteciapnti che hanno frequentato il corso MBSR tra il 2017 e il 2020.
Il vissuto durante il lockdown
Tutte le narrazioni, in relazione al lockdown raccontano emozioni di paura, smarrimento e in alcuni casi anche di panico e rabbia. Nella maggior parte delle narrazioni però convivono con queste emozioni anche apertura e una curiosità.
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“Non ho avuto paura, bensì ero incredula e profondamente curiosa”
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“… mi chiedevo: cosa ci fosse da capire, da imparare e da fare….in prima persona. Mi sono messa ad osservare la mia stessa reazione mentale, e l’ho fatto con sincera curiosità”.
In alcune narrazioni è proprio esplicitato il contributo della mindfulness durante quei giorni:
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“Un forte senso di smarrimento misto a paura, una strana sensazione di minaccia e pericolo talvolta anche rabbia. Nel contempo sentivo e vivevo la casa come un luogo sicuro. Mai come durante il lockdown sono stata bene nella mia casa circondata dalle mie cose e dai miei affetti. La mindfulness è stata in quel periodo preziosissima e di enorme supporto. Sentivo proprio la necessità di praticare e avendo molto tempo riuscivo a farlo anche 2 o tre volte nella giornata. Le giornate erano scandite da questi momenti di raccoglimento, silenzio e ascolto”.
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“(Pensavo) che pur nelle limitazioni del lockdown stavo vivendo un’importante opportunità, che i momenti trascorsi nella pratica erano d’aiuto”
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“(Pensavo) che se non avessi avuto gli strumenti che mi davano durante la pratica avrei sicuramente non gestito le mie ansie”.
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“(Pensavo) che la mindfulness mi ha dato la possibilità di affrontare quel momento con la consapevolezza che ogni situazione negativa potrebbe essere una opportunità per rinascere”
La capacità di riconoscere le emozioni senza esserne travolti, ha permesso di trovare le risorse per gestire paura e ansia; addirittura, in certi casi anche di apertura verso nuove possibilità.
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“Si è affievolita l’ansia”
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“Mi rendevo conto che riuscivo a gestirla, anzi avevo nuove motivazioni”
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“Sentivo che l’obbligo a rallentare avrebbe potuto trasformarsi in un’opportunità”.
Le narrazioni possono essere lette come storie di ricerca, di esplorazione e comprensione nel desiderio di trasformare una situazione di caos.
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“Durante il lockdown non mi è mancato nulla, forse anche perché è stato breve, ho capito che tante cose erano superflue ed ero fortunata e grata per quello che avevo”
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“Oggi mi pesano di più le varie restrizioni, ho voglia di tornare a viaggiare, andare a concerti, eventi, ecc, sento che sto perdendo tanto tempo prezioso”.
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“La ‘passeggiata covid’ è rimasta: da ricordo è diventata un’istituzione. Anche il ribaltamento di molti valori ha lasciato in me un segno: nelle piccole cose c’è sempre di più“
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“Gratitudine è il sentimento che ho più spesso provato in quel periodo”
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“Mi sono reinventata nel tempo libero, facendo cose che non avevamo mai avuto tempo di fare (cucinare, giardinaggio)”.
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“Il bisogno di compagnia e di condivisione era molto sentito e, pranzando fuori, c’era l’occasione di salutare e scambiare due parole con qualche vicino che portava fuori il cane o si sgranchiva le gambe in pausa pranzo. Il lockdown ci ha permesso di comunicare un po’ di più col vicinato”.
Con lucidità i partecipanti hanno riconosciuto le emozioni anche più difficili sospendendo il giudizio e riconoscendo anche momenti da apprezzare.
Il linguaggio delle narrazioni è pacato, curioso, aperto: soprattutto è sempre centrato sull’esperienza vissuta in prima persona.
In alcune narrazioni, vengono usate metafore soprattutto nella descrizione di cosa la mindfulness rappresenta oggi. Tre volte viene usata la metafora dell’ancora sottolineando come questa pratica rappresenti un punto fermo e di riferimento:
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“È un’ancora di salvezza”
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“La mindfulness oggi per me è un’ancora, un punto fermo, è un viaggio meraviglioso nella consapevolezza”
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“È un’ancora che mi permette di fermarmi “.
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Anche quando viene esplicitato che non viene praticata con frequenza la mindfulness resta una risorsa disponibile in ogni momento
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“È uno strumento che troppo spesso tengo chiuso in valigia”,
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“È una risorsa a cui attingere, sempre a mia disposizione”.
Emerge anche l’immagine del viaggio che racconta la dimensione di continua scoperta che dura tutta la vita: “una scialuppa che ti aiuta a ritrovare il porto ma anche ad andare alla ricerca di un’isola sperduta…”.
Infine più volte vengono usate metafore che raccontano la mindfulness come un rimedio che si prende cura di noi: “una piccola candela, un caldo scialle, un sorso di acqua calda con zenzero e limone”
Sull’esperienza di scrittura
L’esperienza di scrittura fatta attraverso la ricerca viene raccontata come una scoperta, o come una continuazione del percorso di consapevolezza magari attraverso la rievocazione di un momento difficile che permette una rielaborazione della propria esperienza.
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“Sono contenta della mia vita e l’esperienza della mindfulness ha segnato un punto di svolta. Ho maggiore chiarezza interiore e governo meglio la mia vita”.
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” Mi piacerebbe continuare a scrivere , la scrittura è anche cura”.
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“Sinceramente ho trovato qualche difficoltà a scrivere il mio vissuto e a trovare le parole che meglio possano rendere la mia esperienza. Però scrivere mi ha dato la possibilità di riflettere e soprattutto di diventare ancor più consapevole”.
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“Ricordare il lockdown crea ancora in me tanta tensione emotiva per la difficoltà con la quale ho vissuto non tanto l’isolamento sociale (…)”.
Ecco che affiancare la medicina narrativa alla mindfulness può anche essere uno strumento per approfondire la propria esperienza con lo sguardo aperto, curioso che la pratica della consapevolezza coltiva.
Conclusioni
Il periodo della pandemia è stato riconosciuto da tutti come un periodo di incertezza e smarrimento. La mindfulness ha accompagnato questo periodo non per cancellare la paura ma offrendo l’atteggiamento per non esserne travolti, non ha cancellato lo smarrimento, ma ha permesso di tenere lo sguardo ampio per potere riconoscere altro.
La ricerca ha mostrato come gli strumenti che si apprensono al corso intensivo di mindfulness vengono interiorizzati diventando una risorsa sempre disponibile. Questa conclusione è confermato dal fatto che tutte le narrazioni raccontano di essersi ricordate della mindfulness ogni giorno, o di tanto in tanto nel corso della pandemia. Tutti i partecipanti tranne uno, raccontano di avere praticato mindfulness almeno una volta nel periodo del lockdown. La persona che non ha praticato scrive però “La ricchezza del messaggio della mindfulness mi accompagna ogni giorno, anche quando non pratico”.