Vogliamo rallentare. Vogliamo andare piano. Poi però desideriamo farlo velocemente! Davvero non ci accorgiamo del controsenso?
Tutti desideriamo rallentare. Percepiamo il ritmo frenetico delle nostre giornate, i tanti programmi, le aspettative, le persone da vedere. Quando alla sera appoggiamo la testa sul cuscino sfiniti abbiamo a volte la sensazione che la nostra vita è molto di più di questo correre continuo; proprio come dice Rilke nei versi iniziali di in una bellissima poesia “La mia vita non è quest’ora ripida | che mi vedi scalare in fretta”. Desideriamo soluzioni veloci per trovare un po’ di calma. Eppure se si tratta di prenderci cura della cosa più importante che abbiamo, e cioè la nostra esistenza, vogliamo davvero dedicare dei ritagli di tempo?
Spesso infatti, dopo avere preso la decisione di imparare a rallentare, vorremmo vedere i risultati subito, vorremmo vedere i frutti il più velocemente possibile. Addirittura speriamo che i risultati arrivino già riconoscendo la nostra necessità di rallentare. Come se la consapevolezza di avere bisogno di perdere qualche chilo si traduca in un immediato dimagrimento. Effettivamente essere consapevoli è già un fondamentale punto di partenza. Ma non sempre abbiamo pazienza nel metterci in gioco, nel fare spazio a nuove abitudini, fiducia quando incontriamo le prime difficoltà. Dimentichiamo che questa è una pratica che dura tutta la vita.
Ma quando abbiamo iniziato a accelerare?
Forse tanto tempo fa quando già da bambini venivamo incoraggiati a sbrigarci, a mangiare velocemente, a vestirci in fretta, a camminare velocemente. Qualche tempo fa mia nipote Irene mi diceva quanto le piaceva uscire e andare a spasso per la città camminando lentamente, guardandosi in giro senza bisogno di affrettarsi.
Ho notato che dedicarsi pienamente ai bambini e anche a persone con ritmi e stili di vita tanto diversi, ci permette di sintonizzarci con una una modalità differente dalla nostra, adattando il nostro respiro, il nostro ritmo (a volte frenetico) al loro. In questo scambio e ascolto forse riusciamo a scoprire qualcosa su di noi.
Perchè rallentare?
Le ragioni per rallentare sono moltissime. Siamo spesso intrappolati come criceti in questa ruota che non si ferma mai e neanche riusciamo a goderci la vista della nostra vita.
Un TED Talk di Guy Winch uno psicologo impegnato nel diffondere l’importanza di integrare la nostra salute emozionale nella vita di tutti i giorni, nel suo discorso che parla della necessità di mantenere un “igiene emozionale”. Parla cioè della possibilità di occuparci delle emozioni che attraversano la nostra esistenza, che si tratti di solitudine, senso di inadeguatezza, vergogna, rabbia. Così come un secolo fa una raccomandazione di “igiene personale” ha migliorato le aspettative di vita del 50%, allo stesso modo la possibilità di prenderci cura delle nostre emozioni più intime permetterebbe di migliorare in modo significativo la nostra qualità di vita.
Questa riflessione vale per tutti, ma ancora di più per chi per professione o per le scelte di vita, si prende cura di altre persone. In questo caso, non si tratta solo di “igiene emozionale” ma di una vera e propria necessità.
E come ci prendiamo cura di noi? Sempre più spesso ci dedichiamo a un “prendersi-cura-ricreativo”. Andiamo al centro benessere, a fare shopping, a mangiare un gelato. Magari ci rifugiamo in una maratona televisiva dell’ennesima serie TV. Scegliamo attività che possano intrattenerci, magari distrarci da una vita stancante e piena di emozioni difficili da gestire. Riempiamo i momenti liberi di altre-cose-da-fare, e non ci concediamo neanche un momento per semplicemente essere, per annoiarci un po’.
Insieme ai momenti di legittima distrazione ricreativa, esiste uno spazio più profondo che ci offre la possibilità di guardare all’interno; si tratta di quell’igiene emozionale che porta a rallentare e anche a una vera e propria trasformazione.
Eppure a volte sembra che prenderci cura di noi possa essere in qualche modo egoistico. Lo dice benissimo Jon Kabat-Zinn in queste righe tratte da Vivere Momento per Momento.
“Alcuni incontrano una certa resistenza a prendersi tempo solo per se stessi. L’etica cristiana ci ha condizionato a sentirci in colpa quando facciamo qualcosa per noi stessi. Alcuni scoprono di avere una vocina interna che dice loro che è egoismo o che non meritano questo tipo di tempo e questa attenzione. (…) Se ritieni che aiutare gli altri sia la cosa più importante nota che la misura in cui sei in grado di farlo dipende dal tuo proprio equilibrio. Prendere tempo per ‘accordare il tuo strumento’ e recuperare energia non è quindi una scelta egoistica: piuttosto è una scelta intelligente“.
È quello che cerchiamo di coltivare nello spazio della mindfulness, nella meditazione di consapevolezza: accordare quello strumento che è la nostra vita, il nostro corpo, il nostro sentire, le nostre emozioni. Risentire il suono o sentirlo per la prima volta. È quello che accade a volte nei percorso MBSR, persone che non ricordano più qual è il proprio suono e si concedono di conoscerlo finalmente un respiro alla volta.
Per prenderci cura degli altri, è necessario prima di tutto saperci prendere cura di noi stessi. Lo diceva benissimo la mia bisnonna Rosetta con una frase che accompagna la mia famiglia da anni; semplici parole ricche di dolce saggezza: l’albero che non copre se stesso, non può coprire gli altri.