Praticare mindfulness, praticare meditazione, richiede fare un po’ di spazio sia in senso metaforico che pratico. Molti raccontano di avere iniziato a meditare proprio per il bisogno di trovare uno spazio per sé; il più difficile da prendersi.
Molto spesso viviamo questo bisogno un po’ come una rivendicazione. Invece di cercare uno spazio che ci permetta di rallentare, acceleriamo cercando di riempire ogni momento disponibile con altre attività: andare in palestra, fare la spesa per la settimana, incontrare gli amici, guardare la serie TV del momento. Invece di creare spazio, finiamo spesso per colmare fino all’impossibile le nostre giornate con sempre più cose da fare.
La meditazione è una delle poche attività che non ci chiede di fare qualcosa, quanto piuttosto ci chiede di essere presenti. Una modalità dell’essere e non del fare.
Lo spazio della meditazione
“Prendiamo posto”, molto spesso invito così i praticanti a trovare la loro postura che è prima di tutto una postura interiore che deve riflettersi nella nostra seduta. Quando prendiamo posto nel nostro cuscino di meditazione, stiamo prendendo posto nella nostra vita. Come diceva la maestra zen Charlotte Joko Beck “Sedere è essenzialmente uno spazio semplificato. La vita quotidiana è un’incessante muoversi: cose da fare, gente con cui parlare, situazioni che si succedono”. Scopriamo che almeno nello spazio della meditazione, non c’è nient’altro che dobbiamo fare nessuna persona che dobbiamo diventare, nessun altro luogo da raggiungere. E nel trambusto delle nostre vite, imparare a stare nel qui e ora, in questo “spazio semplificato” può diventare la vera sfida. Come dice sempre Charlotte Joko Beck “Ciò che dobbiamo sviluppare è la capacità di stare intensamente nel qui e ora. Dobbiamo sviluppare la capacità di decidere, di fare questa scelta:’Questa volta non me la filerò’.
Lo spazio del momento presente
Insieme alla sfida c’è anche la scoperta dello spazio del momento presente. Il famoso qui e ora non è più solo un’interessante teoria filosofica. Improvvisamente ci ritroviamo a assaporarlo davvero. Non solo lo riconosciamo nel cuore di una meditazione o nel silenzio della natura. La presenza mentale si insinua nella nostra vita come una vera e propria àncora che ci invita a domandarci nel caos delle nostre giornate: come sto? cosa sta succedendo? di cosa ho bisogno? Lo spazio del momento presente quindi non riguarda esclusivamente il tempo che trascorriamo sul cuscino da meditazione, ma uno sguardo, un atteggiamento che impariamo ad avere nella nostra giornata. Scopriamo che non siamo vittime impotenti degli eventi o di una vita che non sempre abbiamo scelto. Piuttosto allenarci a coltivare uno spazio meditativo ci permette di prenderci la responsabilità di come viviamo il momento presente.
Lo spazio della nostra vita
Iniziare a meditare diventa un’occasione per osservare la nostra intera vita da una certa distanza. Arriviamo pieni di definizioni di chi siamo, di quello che abbiamo realizzato, etichette che ci difiniscono. Per questo non è facile lasciare andare il modo abituale di conoscere noi stessi e quelle definizioni fisse in cui ci racchiudiamo. La pratica della consapevolezza ci offre un’occasione per metterci in discussione e osservare come ci muoviamo nello spazio della nostra zona di comfort, nelle sfide della nostra vita e anche nei momenti dolorosi che abbiamo vissuto o che stiamo vivendo. Non è semplice osservare lo spazio della nostra vita con occhi freschi, con quella lucidità che toglie potere alle vecchie storie che ci siamo raccontati per anni. Scopriamo che la “mappa non è il territorio” e cioè che tante certezze che credevamo scritte sulla pietra, non son poi così certe. Le mappe su cui ci siamo finora orientati nella vita, non servono più, non funzionano più. Per continuare nella citazione dal Moby Dick di Melville arriva l’intuizione che lo spazio che stiamo cercando non è nelle mappe che per anni abbiamo usato e “non è segnata su nessuna carta: i luoghi veri non lo sono mai”.
Nuovi spazi
Scopriamo quasi subito che per fare spazio, dobbiamo lasciare andare qualcosa. C’è una storiella zen molto nota che racconta della necessità di lasciare andare qualcosa per fare spazio a altro. In breve la storia racconta di un professore che desiderava conoscere il segreto per la felicità. Per questo si reca da un maestro in cima a una montagna e dopo averlo fatto accomodare decide di servili un tè. “Non ha tempo per il tè! Devo conoscere proprio ora il segreto della felicità!”. Il maestro riprende a versare il tè nella tazza già piena. Il professore guarda perplesso la tazza traboccare fino a quando concitato protesta: “Cosa fai? Non ti accorgi che è già piena?”. Il maestro risponde che come questa tazza anche il professore è pieno di opinioni e convinzioni. Per fare spazio a qualcosa di nuovo, è necessario lasciare andare altro.
Forse possiamo domandarci a cosa desideriamo fare spazio nella nostra vita e quindi cosa lasciare andare. Forse ci accorgiamo che ci sono degli aspetti di noi che stanno già svanendo. Altri che fatichiamo a lasciare andare. È una pratica di tutta una vita.