“È molto facile fare cose dannose a se stessi.
È molto difficile fare cose utili a se stessi”
Così recitano alcuni versi del Dhammapada ricordandoci con quanta facilità siamo abituati a perseguire scelte che non sempre si prendono cura di noi. Questo avviene per numerose ragioni. Una fra tutte, per quanto possa sembrare banale, per pigrizia, per abitudine, perchè non facciamo lo sforzo. Se ci pensiamo bene, è molto più facile continuare con le nostre vecchi abitudini; restare nella nostra zona di comfort piuttosto che cercare il cambiamento, consapevoli che questo richiederà un certo sforzo.
Qualsiasi cambiamento richiede uno sforzo. Si parla di giusto sforzo nella meditazione, come dello sforzo che rivolgiamo alla pratica e quindi alla trasformazione che la meditazione può portare. Perchè non un grande sforzo? Lo sforzo moderato viene paragonato alle corde di liuto che se sono troppe tese si spezzano, se troppo lente non emettono alcun suono.
Non sforzarsi
Nella semplicità di questa immagine è racchiuso l’immenso potere che abbiamo momento dopo momento di rivolgerci alla pratica e al prossimo momento da vivere. Quando si inizia a meditare una delle prime indicazioni che viene data è quindi proprio quella di non sforzarsi. Questo non solo perché stiamo coltivando una modalità dell’essere e non del fare, ma soprattutto perché la qualità di presenza che cerchiamo di coltivare è morbida. Viene spesso paragonata a una farfalla tra le mani che se si stringe troppo tra le mani si rischia di uccidere e se invece è troppo leggera rischia di volare via. Lo esprime bene il Ven. Henepola Gunaratana quando dice: “Attimo per attimo, noi scegliamo se abbracciare il salutare o il non salutare. Non siamo vittime impotenti del fato (…). In questo momento scegliamo, e nel secondo successivo facciamo esperienza dei risultati di questa scelta, accanto agli effetti ancora attuali delle scelte passate. Una scelta salutare in questo momento predispone l’ambiente mentale favorevole alla felicità nel successivo. (…) La nostra vita scaturisce da tante piccole micro-scelte, un numero enorme delle quali si consuma nel giro di pochi secondi”.
I Quattro Retti Sforzi
Lo sforzo appropriato non si riferisce solo all’intensità con cui ci dedichiamo, ma anche a cosa indirizziamo la nostra energia. In particolare si parla dei Quattro Retti Sforzi: possiamo notare momento dopo momento cosa coltivare e sostenere; e cosa abbandonare e prevenire.
Sostenere e Coltivare
Siamo invitati a sostenere i momenti nel corso della meditazione in cui assaporiamo un attimo di pace, soffermiamoci, non diamolo per scontato. Iniziamo a creare nuovi passaggi neuronali che ci permettano di riconoscere nel tempo ciò che di piacevole si presenta – senza dovere sempre andare a caccia di quello che invece non va. Questo aiuterà la continuità di questi momenti di pace soprattutto porterà gioia nella nostra pratica. Possiamo anche introdurre e coltivare le condizioni che possono supportare la nostra pratica. Potrebbe essere trovare un gruppo con cui praticare, creare delle condizioni nella nostra giornata che possano sostenerci.
Prevenire e abbandonare
Piuttosto quando una distrazione o un pensiero non salutare arriva, possiamo scegliere deliberatamente di abbandonarlo. Probabilmente ci capita continuamente nel corso della pratica; c’è un’importante intenzionalità in quell’abbandonare che ci mette immediatamente al comando della nostra pratica. Una storia racconta di quando il maestra della tradizione della foresta Ajan Chan camminando con alcuni studenti indica un grande e imponente masso e rivolgendosi al gruppo chiede:
“Quanto credete che possa essere pesante questo masso?”.
“Pesantissimo!”, “Immensamente pesante” risponde il gruppo.
“Lo è solo se decidete di sollevarlo”, risponde il maestro.
Ecco che con questa semplice storiella, veniamo invitati a osservare di quanti pesi ci facciamo carico nel corso della giornata e a domandarci quali potremmo forse semplicemente scegliere di non sollevare.
Addirittura possiamo creare le premesse, quindi prevenire perché certe condizioni che minano la nostra pace interiore non si presentino.
Nota bene che queste indicazioni non riguardano solo la meditazione. Sono certa che ognuno di noi può guardare la propria giornata e osservare se stiamo rivolgendo tempo e energie verso qualcosa che ci porta lontano dal nostro benessere. Piuttosto possiamo domandarci cosa ci nutre? Nella vita di tutti i giorni, possiamo riconoscere un’attività che ci fa stare bene e dedicarci intenzionalmente! Proviamo iniziare qualcosa che vorremmo da tempo introdurre nella nostra vita e che sappiamo ci offrirà benessere. Contemporaneamente sarà necessario rinunciare a tutte quelle attività che ci allontanano dal nostro benessere. Praticare con i Quattro Retti Sforzi può essere molto trasformativo dal momento che si tratta di una contemplazione che si traduce immediatamente in comportamenti.
Chiudo con una delle poesie che amo di più; ci invita a rivolgere l’attenzione verso ciò che ci nutre, a costo a volte di scomparire. Il brano di Naomi Shihab Nye e si chiama appunto L’arte di scomparire.
Quando ti dicono: Ma non ci conosciamo?
dì pure di no.
Quando vi invitano a una festa
ricordati quel che sono le feste
prima di rispondere.
Qualcuno che ti dice a voce alta
che una volta ha scritto una poesia.
Salsiccia grassa su un piatto di carta.
Dopo rispondi.
Se ti dicono : ci dobbiamo vedere!
rispondi: perchè?
Non è che non li ami più.
Stai cercando di ricordare altre cose
troppo importanti per essere dimenticate.
Alberi. La campana del monastero al crepuscolo.
Dì loro che hai un nuovo progetto.
Non finirà mai.
Se qualcuno ti riconosce al supermercato
annuisci e sparisci fra i cavoli.
Se qualcuno che non hai visto in dieci anni
appare alla porta,
non iniziare a cantare tutte le tue nuove canzoni.
Non ti potranno raggiungere.
Vai in giro come fossi una foglia.
Potresti cadere in un secondo.
Poi decidi che fare del tuo tempo.