Prendersi cura fa parte dell’esperienza umana. Da quando nasciamo fin quando moriamo l’essere umano è tenuto in vita grazie a infiniti atti di cura. C’è la cura per i bambini, la cura della persona, la cura dello spirito, la cura del corpo, la cura degli altri, le cure palliative, la cura per chi resta. Ci prendiamo cura di qualcuno che amiamo così come abbiamo cura di qualcosa a cui teniamo. Ci prendiamo cura delle parole che usiamo, e alcune espressioni usate per salutarci, raccomandano di avere cura per noi: abbi cura di te, cuidate, take care of yourself.
Quello che la cura non è
Nella frenesia della vita quotidiana, è facile dimenticarsi di prendersi cura di se stessi. Siamo spesso così immersi nelle nostre responsabilità e finiamo per trascurare i nostri bisogni. È così evidente questo bisogno che siamo continuamente bombardati da messaggi che promettono cura, benessere. Oggi si fa un gran parlare di self-care pubblicizzato attraverso infinite attività ricreative come lo shopping, le uscite con gli amici, la televisione, il cinema, i social, una vacanza, una giornata alla spa. Nulla di sbagliato in queste attività, ma possiamo notare quanto deleghiamo la cura per noi stessi a una risorsa esterna. Spesso le attività che scegliamo ci allontanano da noi stessi invece che avvicinarci alla parte di noi che ha bisogno di cura. Finiamo quindi per confondere il prenderci cura di noi con il distrarci da noi.
In altri casi crediamo che la cura per noi stessi arriverà dopo esserci presi cura di tutti gli altri. Chiaramente questo tempo non arriva mai. Dimentichiamo come la cura di sé è un prerequisito per la cura degli altri. Inoltre la cura per sé ha un incredibile effetto a catena; qualsiasi tipo di benessere riusciamo a generare per noi viene spontaneamente condiviso con le persone che incrociamo.
In altri casi ancora, siamo cresciuti giudicando la cura di noi come un capriccio non necessario; il lavoro è nobile e invece la cura viene equiparata a una forma di ozio. Oppure, crediamo che la cura per sè vada meritata e cioè può arrivare solo alla fine della settimana, alla fine dell’anno, alla fine della vita.
Dimentichiamo che la cura è una forma di igiene dello spirito, del cuore che ci permette di funzionare come esseri umani per mantenere la lucidità, la misura delle cose, le priorità della vita, delle sane relazioni fondate sulla gentilezza.
La meditazione come cura
La meditazione è di per sè un gesto di cura: quando iniziamo a meditare spesso partiamo da un bisogno di cura per noi. Si tratta di una risorsa interiore che piuttosto che distrarci da noi stessi, si interessa alla nostra totalità. Quando scegliamo di meditare scegliamo di prenderci cura di noi a qualsiasi costo, anche quando non abbiamo voglia o le condizioni della vita sono avverse, la scelta di fermarci e prendere posto è di fatto una scelta radicale di cura per noi stessi e per gli altri.
Con la meditazione, la cura avviene in modo lento e silenzioso; proprio per questo molti abbandonano la pratica dopo i primi tentativi. L’aspettativa che abbiamo nei confronti della meditazione e della cura, è che debba farci sentire immediatamente bene. In realtà la cura per noi passa attraverso l’incontro sincero con ciò che è nel nostro cuore e a volte questo vuol dire incontrarci nella nostra fragilità. La cura è un incontro, un domandarsi: cos’è importante per me? Cos’è vivo nel mio cuore? La meditazione di consapevolezza ci invita a prendere posto al centro della nostra vita e iniziare una relazione sincera con noi stessi e lo facciamo imparando a incontrarci, arrendendoci a quello che siamo, e non chi vorremmo essere.
Quando iniziamo il corso MBSR, la prima linea guida che viene data è quella di prenderci cura di noi. Molti di noi però non sanno neanche cosa voglia dire. Impariamo a rivolgere l’attenzione all’interno e domandarci momento dopo momento di cosa abbiamo bisogno. Soprattutto impariamo a tornare a casa – o a sentirci a casa con noi stessi. Abbandoniamo quell’idea che prendersi cura corrisponda a un piano di miglioramento personale; quindi rinunciamo al giudizio e all’impazienza, diventiamo aperti a ciò che siamo anche nella nostra fragilità o insensatezza. Iniziamo a coltivare un senso di fiducia per quello che siamo.
Coltivare momenti di cura per se stesso
Se è vero che solo prendendoci cura di noi possiamo sopravvivere come esseri umani, la cura va cercata quotidianamente. Non possiamo aspettare che si presentivo le condizioni ideali. Non possiamo aspettare il fine settimana, le ferie, o la pensione. Rumi parlava dell’importanza di fare continue visite a noi stessi. Ecco alcuni modi per non perderci di vita:
1) Prendiamo rifugio in noi stessi. Uno dei più importanti insegnamenti della tradizione buddhista invita a essere un rifugio per noi stessi. La parola usata è dipa, che vuole dire luce e anche isola. Quindi l’invito è quello di ritirarci in noi stessi. La meditazione e anche la scrittura possono essere alleati importanti per visitare con regolarità questo rifugio. In entrambi i casi è molto utile imparare a riconoscere il nostro tono di voce e cioè con quanta gentilezza ci incontriamo sul cuscino o sulla pagina bianca. In entrambi i casi, cercare soprattutto la semplicità: non preoccuparci troppo di quale meditazione scegliere o di cosa scrivere. Piuttosto cercare momenti di solitudine e silenzio proprio come facevamo da bambini come scriveva Rilke: “Penetrare in se stessi e per ore non incontrare nessuno, – questo si deve poter raggiungere. Essere soli come s’era soli da bambini, quando gli adulti andavano attorno impigliati in cose che sembravano importanti e grandi, perché i grandi apparivano così affaccendati e nulla si comprendeva del loro agire. E quando un giorno si scopre che le loro occupazioni sono miserabili, le loro professioni irrigidite e non più legate alla vita, perché non continuare come bambini a osservarle come cosa estranea, dalla profondità del proprio mondo, dalla vastità della propria solitudine?”.
2) Coltiviamo la gratitudine – Molto spesso pensiamo che prenderci cura di noi voglia dire prenderci cura della nostra sofferenza. Invece è molto importante prendersi cura della gioia e dell’abbondanza delle nostre vite. Celebrare i doni che riconosciamo nelle nostre giornate. Questa pratica ci permette di lasciare andare l’aspettativa che il nostro stare bene debba passare attraverso certe esperienze o condizioni. Impariamo a notare quanto stiamo di fatto ricevendo dalla vita e quanto sia già nutriente.
3) Nutriamo lo spirito – Così come senza il nutrimento del corpo moriremmo, allo stesso modo facciamo in modo che il nostro mondo interiore venga nutrito affinché non muoia e continui a fiorire. Alcuni modi in cui cerco nutrimento sono:
- Prendendomi il tempo di coltivare l’amicizia spirituale. Trovare compagni di viaggio con cui condividere le profondità dell’esperienze umana in una relazione che nutre e sostiene il percorso di consapevolezza. Partecipare a un gruppo di meditazione è spesso un’ottima occasione per trovare quelli che che sono gli amici spirituali.
- Stare nella natura è un atto di auto-cura profonda. La Natura è rifugio per mente e corpo. Prendersi il tempo per camminare in mezzo alla natura è un modo semplice ma potente per rigenerarci, per coltivare l’apprezzamento e la gratitudine.
- Dedicarsi a un atto creativo può diventare un terreno fertile per la pratica della mindfulness. Che si tratti di scrivere, dipingere o qualsiasi altra forma di espressione creativa, possiamo immergerci e lasciare
Prima di chiudere questo blogpost, lascio di seguito alcune domande per continuare a esplorare il tema della cura nella nostra vita:
- In quali modi prendo cura di me stesso nel corso della giornata?
- Come la meditazione può essere un gesto di cura per me?
- Come mi prendevo cura di me da bambino?