Sono infinite le ragioni per cui prepariamo lo zaino e partiamo. Si viaggia per esplorare, per conoscere, per conoscersi, per dimenticare, per fuggire, per consolarsi. Molte di queste motivazioni mi ricordano le stesse che ci portano sul cuscino di meditazione. Solo che nella meditazione veniamo invitati a stare, nel viaggiare a andare. Ecco 3 modi in cui il viaggiare rammenta la meditazione.
Lasciare la zona di comfort
Facciamo la scelta di abbandonare la nostra zona di comfort; in qualche modo creiamo una discontinuità spazio-temporale nella nostra vita: lasciamo la nostra casa, le nostre occupazioni abituali e ci apriamo a qualcosa di diverso, qualcosa che non conosciamo. A volte è proprio il desiderio della sfida che ci porta in viaggio. Ma ecco che diventiamo insofferenti a qualsiasi cosa non vada come lo avevamo immaginato.
Potremmo scoprire la tentazione di ripetere abitudini note. Me ne sono accorta di recente, quando trovandomi in albergo nel momento della colazione, ho messo nel piatto esattamente le stesse cose che scelgo nella prima colazione a casa. Ho sorriso nell’inconsapevole tentativo di cercare un piccolo appiglio, una zona di comfort nel piatto della prima colazione. Ripetiamo le nostre abitudini in viaggio in mille altri modi: quando puntiamo la sveglia allo stesso orario, quando scegliamo di partire con le stesse persone che frequentiamo nel corso dell’anno, quando ci prepariamo studiando ogni dettaglio per non trovarci impreparati.
Viaggiare ci offre la possibilità di scoprire nuovi ritmi, soprattutto di notare la nostra relazione con questi nuovi ritmi, magari fare esperienza dello spaesamento e osservare come reagiamo in questa situazione e nella tendenza a ricreare subito nuove zone di comfort.
Abbandonare il giudizio
Viaggiare ci porta inevitabilmente a contatto con cose, persone, situazioni nuove. Poterle osservare con uno sguardo consapevole significa prima di tutto notare quando involontariamente attiviamo la mente giudicante che ci porta a confrontare quel viaggio con altri, quel teatro con uno già visitato, un piatto o una tradizione locale con qualche altra. Il rischio è quello di non essere completamente disponibili per fare esperienza di quel viaggio. Involontariamente siamo proiettati nelle aspettative e dei condizionamenti. Portare consapevolezza significa restare curiosi abbandonando la tendenza della mente al confronto, al giudizio a tutti i costi, assaporando quel momento così com’è. Viaggiare senza giudizio ci permette di riconoscere ogni sollecitazione, incontrarla con uno sguardo aperto; eventualmente diventando consapevoli tutti i condizionamenti e le storie che affiorano senza però agire sulla base di questi condizionamenti. Vogliamo che il viaggio sia un modo per allargare i nostri confini, oltrepassare le esperienze già note e la nostra tendenza a ricondurre tutto a qualcosa che già conosciamo.
Tutto cambia, soprattutto noi
Nessun viaggio dura per sempre. Lo sappiamo bene dalle volte in cui abbiamo provato a estendere quel tempo assaggiando quella specialità che avevamo portato con noi dopo un viaggio, per scoprire che non era più altrettanto buona; o quando abbiamo provato a rincontrare gli amici conosciuti durante una vacanza per poi scoprire che l’affinità che sembrava così speciale, era svanita. Sono l’insieme unico di condizioni a rendere ogni boccone così gustoso, ogni nuova amicizia speciale, ogni viaggio memorabile, e tra queste il fatto che ha un tempo limitato. Possiamo fare tesoro di questa fugacità apprezzandone la preziosità.
Inoltre, qualunque sia la destinazione faremo delle scoperte che avranno un impatto su di noi. Tornando non saremo più gli stessi. È importante soffermarci per notare cosa ci ha colpito. Esattamente come quando nella meditazione iniziamo a vedere qualcosa con chiarezza. Da quel momento non potremo più tornare indietro; una nuova consapevolezza si è fatta strada dentro di noi la trasformazione è già arrivata.
Viaggiare restando a casa
Dal momento che non è sempre possibile viaggiare, allo stesso modo possiamo allenarci a coltivare le stesse qualità stando a casa. In questo senso la mindfulness è un allenamento per imparare a viaggiare da casa.
- Per prima cosa è utile abbandonare qualsiasi sveglia, o quanto meno se proprio non possiamo, per il tempo del nostro ‘viaggio da casa’ impostiamola a orari diversi. Quando ero in ritiro silenzioso lo scorso mese, ho scelto di consegnare il telefono non tanto per la tentazione di controllare i messaggi, quanto piuttosto per frenare la mia tendenza a organizzare la giornata attraverso sveglie, avvisi e notifiche. L’invito per me è stato quello di restare in ascolto dei bisogni e le necessità e assecondarli per quanto possibile con ritmi diversi.
- Osserviamo la tendenza a fare la spesa e organizzare i nostri pasti sempre allo stesso modo. Lasciamo che nel tempo che abbiamo scelto di trascorrere in ‘viaggio da casa’ le abitudini vengano stravolte proprio come potrebbe succedere in viaggio. Proprio come quando qualche amica mi manda stupita una foto dalla Sicilia dicendo che sta facendo la prima colazione con un gelato, riferendosi alla tradizione di iniziare la giornata con granita e brioche. Lasciamoci stupire, infastidire, annoiare da qualcosa che non avremmo mai considerato.
- Usciamo di casa per un’avventura. Magari abbandoniamo la macchina in modo da non avere controllo e delegarlo a qualcuno; proviamo a usare i mezzi pubblici o se per noi è la routine, proviamo ad andare per la direzione opposta che solitamente scegliamo. Appiccichiamo il naso al finestrino come facevamo da bambini e guardiamo con occhi nuovi quello che è intorno a noi. Abbandoniamo il telefono in borsa. Resistiamo la tentazione di fare foto per qualcosa che ci emoziona e lasciamo che l’emozione si manifesti e venga riconosciuta. Quest’estate, in alcuni casi ho iniziato a lasciare il telefono a casa, facendo esperienza di sensazioni nuove. Non essere reperibile, non dovere informare immediatamente la mia famiglia di qualsiasi cosa, fare foto, controllare l’agenda e le prossime cose da fare. Non avere il telefono, mi permette immediatamente di rallentare e soprattutto di alzare lo sguardo al mondo intorno a me.
- Proviamo a scambiare due parole con la persona seduta vicino a noi, magari con quella con cui meno vorremmo scambiare due parole. Proviamo a tornare a casa con una storia nuova. Facciamo un po’ di esperienza di incertezza, scomodità, disagio. Fa parte di viaggio. Osserviamo come reagiamo a tutto questo.
- E quando infine torniamo a casa non affrettiamoci a posare le chiavi e lanciare le scarpe nel solito angolo. Lasciamo che lo sguardo si abitui un po’ per volta alla stanza, come se fosse la prima volta che torniamo in quella stanza e cerchiamo qualche appiglio, qualche riferimento che ci faccia sentire il piacere di essere di nuovo tornati a casa.
Buon viaggio e buon ritorno!