Quali sono i momenti perfetti delle nostre giornate? Il momento perfetto per lavorare, per riposare, per leggere, per meditare? Il momento perfetto è forse quello che dovrebbe condurci alla felicità, a un senso di soddisfazione o di pienezza? Oppure è dato dalla presenza di determinate condizioni? A volte sembra non arrivare mai, altre volte sembra che ogni momento sia perfetto così com’è anche nella sua stranezza, imprevedibilità o impermanenza. Il fatto di notarlo lo rende tale. In un certo senso la meditazione è un addestramento a coltivare un’apertura al momento perfetto.
Quante volte in queste giornate mi ritrovo incantata a contemplare un ramo fiorito nel mezzo del traffico. Quante volte mentre camminavo in montagna con mio papà mi sono fermata per dire “papà questo momento è perfetto. Dobbiamo ricordarcelo”. E mi capita anche quando sono sul divano con mio marito, e leggiamo un libro, o guardiamo un film e non succede nulla e invece succede tutto; e ancora penso “questo momento è perfetto”. Purtroppo sono attimi e sembrerebbe che le nostre giornate siano riempite da momenti tutt’altro che perfetti. Ma è veramente così?
Esiste il momento imperfetto?
Qual è il contrario del momento perfetto? È forse un momento insoddisfacente, stressante, di noia, di sofferenza? Sicuramente il momento è tanto più spiacevole quando accompagnato da avversione, dal “non mi piace, non lo voglio”. Mentre è legittimo che non tutti i momenti siano i benvenuti, la resistenza che ci mettiamo, crea un’ulteriore spiacevolezza. Il momento perfetto non arriva tutte quelle volte in cui limitiamo il momento perfetto a condizioni particolari.”Se solo ci fosse stato il sole… se solo il mio capo fosse più umano”. Questo suggerisce come il momento perfetto è sempre preceduto da un certa dose di aspettative su cosa dovrebbe accadere; sul nostro attaccamento a certi risultati.
Il momento non è perfetto quando crediamo che altri siano responsabili del nostro momento perfetto. A questo proposito mi fa sorridere e riflettere un aneddoto dell’insegnante americana Sharon Salzberg in cui raccontava di una volta in cui si trovava imbottigliata nel traffico e si lamentava infastidita per poi costatare che anche lei era in quel momento “il traffico”. Quante volte facciamo la stessa cosa in fila al supermercato o alla posta, o in ufficio quando giudichiamo l’atmosfera negativa. Tutte le volte che ci contrapponiamo agli altri, generiamo sofferenza e insofferenza.
Forse non è tanto l’evento spiacevole a rendere il momento imperfetto, piuttosto la nostra avversione a ciò che stiamo provando. A questo proposito trovo interessante la ricerca condotta da Killingsworth di Harvard nel 2010 sulla felicità; e la scoperta che i momenti in cui siamo più infelici sono quelli in cui non siamo presenti, quelli in cui vorremmo essere altrove, quelli in cui rimuginiamo su noi e la nostra condizione. La ricerca mostrava il fatto che trascorriamo il 47% del nostro tempo con la testa altrove, lontana dalla situazione che stiamo vivendo. Questo vuol dire che trascorriamo in media la metà della nostra vita non a vivere il momento così com’è ma persi in proiezioni future o rimuginii passati. Potremmo dire che secondo questa ricerca, trascorriamo in media la metà della nostra vita, in una potenziale infelicità in cerca del momento perfetto. Saremmo molto più in pace se piuttosto che combattere la situazione che abbiamo davanti, la attraversassimo con un semplice “per ora è così”.
Momenti perfetti
È anche vero che il momento perfetto è estremamente passeggero e per poterlo notare bisogna essere molto attenti. A volte abbiamo la percezione dell’unicità e brevità del momento quando scattiamo una foto e poi scopriamo di essere riusciti a cogliere l’attimo: l’espressione di un volto, la luna impigliata tra i rami di un albero. Quel momento perfetto dura il tempo di un clic e è già passato. Solo nelle fotografie possiamo fermare il tempo, nella vita reale tutto passa. Cominciamo a intuire come la mindfulness, la pratica di consapevolezza, sia importante per riconoscere quella luna, quell’espressione, proprio mentre accade. In un certo senso la pratica diventa un allenamento intensivo per riconoscere la moltitudine di momenti perfetti nelle nostre giornate che magari ignoravamo.
Sono numerosi i momenti perfetti che si alternano nelle nostre giornate; spesso però neanche ci facciamo caso. Ci svegliamo la mattina già imbronciati per le tante cose da fare e forse tralasciamo che quel risveglio al mattino, è un momento perfetto e non ha nulla di scontato. Lo scritttore Kurt Vonnegut, nel suo celebre commencement speech, il discorso che viene offero ai laureandi nelle università americane: “Quando le cose vanno bene e tutto fila liscio, fermatevi un attimo, per favore, e dite a voce alta: ‘Cosa c’è di più bello di questo’”.
Il momento perfetto è tale se solo ce ne accorgiamo. Si tratta di essere vicini all’esperienza diretta e cioè alle sensazioni nel corpo, alle emozioni, ai pensieri che ci attraversano, inclusa la consapevolezza che quel momento non durerà a lungo e allora proprio per questo vogliamo viverlo al meglio.
Il momento è perfetto quando abbandoniamo l’aspettativa che dovrebbe essere in qualche altro modo o che condizioni eccezionali debbano accadere perchè possa essere considerato tale o che dipenda dal comportamento, dalle parole di altri. Mi vengono in mente i versi di Dorothy Hunt quando dice “Credi che la pace arriverà in qualche altro momento se non ora. In qualche altro cuore se non nel tuo?”.
La pratica formale, cioè la meditazione, è un’arena perfetta per sperimentare come incontriamo il momento. Spesso nel silenzio e l’immobilità possiamo cogliere alcune delle nostre tipiche reazioni. Quando inizieremo a fare l’esperienza che la meditazione è perfetta così com’è, con la distrazione, con il rumore, forse inizieremo a aprirci al momento perfetto. Ecco con le parole della maestra zen Charlotte Joko Beck:
“La pratica è questa. Ciò che dobbiamo sviluppare è la capacità di stare intensamente nel qui e ora. Dobbiamo sviluppare la capacità di decidere, di fare questa scelta. La pratica è una scelta ogni volta rinnovata, un bivio che ci si apre continuamente davanti. Momento per momento siamo chiamati a decidere tra il momento meraviglioso dentro la nostra testa e la realtà. Ciò che impariamo dallo stare tranquillamente con il disagio è così prezioso che se non ci fosse bisognerebbe inventarlo.”
Forse invece di parlare di momento perfetto possiamo parlare di momento autentico e cioè quel momento incontrato sinceramente così com’è e senza cambiare nulla. Forse invece di pianificare la vacanza perfetta o il momento perfetto, possiamo allenarci a vivere una vita che coltiva semplicemente il momento. Nella semplicità e autenticità di quell’attimo forse possiamo scoprire una qualche perfezione. Chiudo con le parole di Charlotte Joko Beck che descrivono bene la necessità di sincerità e autenticità per aprirci veramente al momento e così solo forse scoprirlo perfetto o quantomeno “soddisfacente”.
“Quando saremo totalmente sinceri con ciò che accade in questo preciso momento, allora lo vedremo. La pratica non ha nulla a che vedere con cose come “dovrei essere buono dovrei essere gentile, dovrei essere questo o quello”. Io sono ciò che sono in questo preciso momento… dobbiamo rinunciare all’idea che, se solo potessimo scoprirla, ci deve essere una vita perfetta per noi, giusta per noi. La vita è così e basta. Solo rinunciando a manovre di questo genere la vita comincia a essere più soddisfacente”