Trascorrere del tempo in solitudine è fondamentale per avere accesso alla nostra innata saggezza, soprattutto per essere a contatto con la nostra voce interiore che troppo spesso confondiamo tra quelle degli altri fino a volte a dimenticarla per anni.
C’è un momento durante il corso intensivo di mindfulness in cui ci fermiamo per una giornata e coltiviamo il silenzio in gruppo. Mi colpisce come i partecipanti percepiscano quella giornata come un giorno scelto di solitudine. Anche se in gruppo, la possibilità di stare in silenzio per una giornata viene percepita come uno spazio tutto per sè.
Trascorrere del tempo in solitudine è fondamentale per avere accesso alla nostra innata saggezza, soprattutto per essere a contatto con la nostra voce interiore che troppo spesso confondiamo tra quelle degli altri fino a volte a dimenticarla per anni.
Da sempre crescendo i ragazzi cercano la solitudine nella loro formazione interiore, cercano questo spazio chiudendosi nella propria stanza e cercando momenti in cui essere soli. Se uno spazio in casa non c’è magari ascoltano la musica con delle cuffie abbastanza grandi da isolarsi dal resto del mondo. Stanno cercando la propria voce o provando a silenziare quelle degli altri.
Ritagliarsi uno spazio a casa dove stare soli con noi stessi non è solo una buona abitudine dell’adolescenza. Mio papà si chiudeva nel suo studio ascoltando musica classica e noi sapevamo che lì non dovevamo disturbarlo. Non posso che pensare al saggio in cui Virginia Woolf raccontava dell’importanza di avere “Una stanza tutta per sé”.
Non sempre chiaramente è possibile avere una stanza della casa per custodire la propria solitudine. Ci sono infiniti modi per cercare questo spazio di solitudine e non sono sempre legati alla meditazione. Quel tempo cercato di solitudine può essere una convenzione che cerchiamo a casa ogni qual volte scegliamo di sederci in silenzio. Ne ho parlato in un blog dal titolo Togliersi le scarpe. “Se non siamo capaci di stare da soli ci impoveriamo sempre di più: non riceviamo abbastanza nutrimento, dunque non abbiamo molto da offrire agli altri. Imparare a vivere in solitudine è importantissimo; dovremmo dedicare un po’ di tempo ogni giorno a stare fisicamente da soli, per facilitare la pratica di nutrire se stessi e di osservare le cose in profondità“. Così scrive il maestro Thich Nhat Hanh.
Solitudine nella parola scritta
Fin da piccola ho cercato nella parola scritta uno spazio di solitudine. Ho una quantità infinita dei diari e mi ha sempre fatto sorridere che tutte le mie nipoti a un certo punto, abbiamo chiesto un diario con lucchetto. Mi piace pensare che c’è uno spazio che cerchiamo e che desiderano rendere accessibile solo a noi. Uno spazio in cui non dobbiamo sforzarci di essere speciali, belli o profondi ma che racconta chi siamo. Scrivere ci permette di abbandonare qualsiasi formalità, di formulare domande di cui non abbiamo risposte, di sforzarci di fermare emozioni che altrimenti neanche riconosceremmo. Mia suocera, Teresa, usava un’agenda in cui semplicemente annotava una frase tanto semplice quanto “oggi sono triste”. Potersi dare lo spazio di riconoscere e legittimare questo sentire è importante. Quando mia suocera è morta, abbiamo trovato i suoi diari. Mio marito ha chiesto a tutti di non leggerli e rispettare quello spazio. Non voleva violare una solitudine e intimità che Teresa aveva cercato e che ancora di più ora andava rispettata.
Solitudine nella natura e nella coppia
Molto spesso mio marito, si prende il tempo per andare a camminare in montagna da solo. È importante che continui a farlo soprattutto visto che si tratta di uno spazio che spesso in famiglia si rischia di perdere. So anche che prendendosi cura di sé, si sta di fatto prendendo cura di me. A questo proposito Rilke scriveva: “Credo che sia questo il compito maggiore di un legame fra due persone: che ciascuno sia a guardia della solitudine dell’altro. Perché, se è nella natura dell’indifferenza e della folla non apprezzare la solitudine, l’amore e l’amicizia ci sono proprio allo scopo di offrire continuamente la possibilità di solitudine. e sono vere condivisioni soltanto quelle che interrompono periodicamente periodi di profondo isolamento (…)”. “L’amore consiste in questo, che due solitudini si proteggono a vicenda, si toccano, si salutano (…)”. Anche nella coppia, nelle relazioni, nell’amicizia, è importante custodire e proteggere la solitudine gli uni degli altri.
Penso cosa succede quando viene a mancare questo spazio di solitudine. Per esempio le mamme completamente dedicate ai propri figli che faticano a trovare momenti da sole, e per anni dimenticano di avere una vita propria, staccata dai figli, dalla famiglia, dal lavoro. A un certo punto si sentono smarrite e inizia una certa nostalgia prima di tutto da se stesse, come se non ricordassero quello che veramente volevano.
Non serve camminare in montagna. Possiamo anche cercare le nuove gemme tra le aiuole per strada o scegliere di coltivare qualche pianta in casa e poi ogni giorno dedicare dei momenti per prendercene cura.
Solitudine nella meditazione
C’è un insegnamento del Buddha in cui ci invita a fare di noi un’isola. La cosa interessante è che la parola in lingua pali, per isola è dipa che vuol dire anche lanterna. L’insegnamento ci mostra che nel fare di noi un’isola diventiamo una luce, vediamo come maggiore chiarezza. La meditazione è uno dei momenti che per eccellenza ci invita a questo spazio. Se penso alla prima istruzione di due insegnamenti sulla meditazione Anapanasani Sutta e Satipatthana Sutta, leggiamo: “(…) il praticante si reca nella foresta o ai piedi di un albero o in un qualsiasi luogo deserto, siede stabilmente a gambe incrociate, mantenendo il busto eretto, e pratica così (…)’”.
Questo insegnamento non ci invita a andare nella foresta, o ai piedi di un albero. Ci suggerisce tuttavia di cercare un po’ di solitudine, di silenzio fuori e dentro di noi cos’ da potere ascoltare con attenzione. Tutte le volte che prendiamo posto, nel nostro cuscino di meditazione stiamo cercando il nostro sguardo, esplorando i condizionamenti che invece ci allontanano da noi. E respiro dopo respiro rinnoviamo l’intenzione di fare di noi un’isola.
Chiudo ancora una volta con Rilke che ci parla della solitudine: “Penetrare in se stessi e per ore non incontrare nessuno, – questo si deve poter raggiungere. Essere soli come s’era soli da bambini, quando gli adulti andavano attorno impigliati in cose che sembravano importanti e grandi, perché i grandi apparivano così affaccendati e nulla si comprendeva del loro agire. E quando un giorno si scopre che le loro occupazioni sono miserabili, le loro professioni irrigidite e non più legate alla vita, perché non continuare come bambini a osservarle come cosa estranea, dalla profondità del proprio mondo, dalla vastità della propria solitudine?”.